Quando il rugby è sociale

Uno dei primi commenti di un vecchio presidente di un club di lunga data, forse il più significativo in quell’epoca, sui primi momenti di Rugbio nel rugby fu molto duro e categorico. “Questo rugby non serve al movimento. Noi facciamo rugby e facciamo tutto ciò che fa bene al rugby!  Va bene tutto purchè faccia bene al rugby”. Furono le sue parole dinanzi ad alcuni nostre bambini che scendevano in campo spesso senza scarpe con i tacchetti e con pantaloncini di ogni tipo. Parlavamo mille lingue, indossavamo tanti colori e facevamo un casino bestiale pieno di entusiasmo. Parole elitarie le sue. Eppure intorno a noi c’erano palazzoni anonimi di quartieri popolari di comuni alle porte di Milano. Eravamo in un centro sportivo dimesso con spogliatoi fatiscenti e malodoranti.

La nostra risposta immediata fu che per noi di Rugbio “è buono quel rugby che fa bene al tutto”. E noi ne eravamo ben consapevoli. E la seconda, non repentina, la diede il campo, quando la nostra squadra ebbe la meglio su quella dei padroni di casa. Ma questo poco importa….insomma….

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  <strong>Il rugby sociale di Rugbio</strong>
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E oggi? Si può fare ancora rugby sociale?

Decisamente sì. Oggi il rugby può tornare ad avere quel ruolo importante nell’insegnare il valore del sostegno, l’importanza dell’appartenenza ad una squadra. Può valorizzare il lavoro e incentivare i processi di autostima in tutti i ragazzi, spingendoli a lottare insieme e a valorizzare le caratteristiche reciproche in un campo da gioco.

Rugbio ha ripreso a collaborare frequentemente con la cooperativa Le Rondini di Baggio, da cui provengono una decina di ragazzini accompagnati al campo di Cusago grazie al pulmino della Polisportiva, un tempo donatoci da don Gianluca per il valore sociale delle nostre azioni.

Ad Uboldo invece cresce la collaborazione con la comunità senegalese del territorio per incentivare i bambini e gli adolescenti a frequentare uno sport che migliora il senso di cittadinanza.

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  <strong> salim rugby</strong>
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A Regola d’Arte

Il nostro modo di vivere lo sport e in particolare il rugby è questo. Costruire cittadinanza attraverso lo sport, dare a tutti i ragazzi una palestra sui diritti e i doveri di stare in squadra e in (una) società, dove non ci sono esclusioni e quindi non ci sono inclusioni, perchè lo sport è sinceramente accessibile a tutti.

Così, mentre il vicepresidente Antonello Galimberti è impegnato in queste settimane a parlare con tutto il mondo del Terzo Settore che si occupa di minori in difficoltà educativa o in situazioni di disagio socioeconomico, registriamo con favore la rinnovata fiducia di Mediafriends Onlus.

Anche quest’anno, la Onlus di Mediaset, con il progetto A Regola d’Arte, intende promuovere le azioni di Rugbio nello sport e nella cultura, in particolare nella musica. A Cusago vivremo ancora un laboratorio musicale per i più giovani che l’anno scorso ha prodotto due brani indy sotto la cura di Pietro. E potremo inserire molti bambini nella nobile attività con la palla ovale.