Obiettivi

Missione: INCLUSIONE

Il progetto “Rugbiolandia: tutti in gioco” punta a utilizzare lo sport come strumento di inclusione, a partire dai minori e per loro tramite verso le comunità a vario modo marginali.

Nella congiuntura attuale, si tratta soprattutto di rivolgersi a gruppi di provenienza straniera, con varia vicenda migratoria e diversi livelli di integrazione.

Il primo livello di fragilità che reggo attraverso questo progetto intende superare o almeno compensare parzialmente è quello economico: la soluzione è anzitutto quella di rendere completamente gratuite tutte le attività per tutti i soggetti che ne hanno bisogno, senza che il tema diventi palese.

Questo si traduce anzitutto nell’educativa di strada, che viene erogata senza chiedere nulla a nessuno; lo stesso vale per tutte le attività di promozione sportiva e culturale e per tutte le iniziative di aggregazione, compreso il terzo tempo alla fine delle partite almeno per gli atleti minori; ma la gratuità vale anche per i tesseramenti e la frequentazione delle attività sportive di livello federale, dove i costi vengono coperti dalle raccolte finanziarie della Polisportiva; nei limiti del sostenibile, la stessa logica vale anche per le trasferte estive e per il camp multisport da giugno a settembre.

Obiettivo e metodo allo stesso tempo, criterio fondamentale per le attività è sempre quello di partire dalla sperimentazione diretta anziché dall’istruzione didascalica.

Questo vale sia nella formazione sportiva, sia nelle iniziative culturali di varia estrazione.

Di fatto non si tengono mai lezioni, ma sempre esercitazioni in cui ragazzi e adulti tirano fuori le loro risorse, imparando a utilizzarle in maniera sostenibile e collaborativa.

A questo mirano anche le pratiche di aggregazione, impostate tutte sul modello del terzo tempo rugbistico, letto in chiave di promozione della sostenibilità attraverso momenti conviviali in cui tutti collaborano, ciascuno secondo le proprie capacità e stili.

Sul piano dell’organizzazione logistica, la difficoltà e l’obiettivo al tempo stesso sono costituiti dallo sforzo di intercettazione sui territori critici e di metabolizzazione delle fragilità anche in ambiti più favorevoli all’attività inclusiva.

Peraltro il progetto non punta affatto al nero trasferimento in navetta verso i centri sportivi: al contrario, i ragazzi e le comunità vengono invitati a organizzare eventi e percorsi dal basso, sia in termini sportivi (per esempio maratone di quartiere, orti del parco, eccetera) sia sul piano dello scambio culturale e sul supporto reciproco.

D’altro lato, dato che l’attività più qualificante si svolge negli spazi negli attrezzati, presso i centri sportivi viene organizzata una serie di attività che consentono ai frequentatori di riunire attività sportiva, supporto scolastico, aggregazione eccetera in modo da non essere costretti a sacrificare componenti fondamentali dell’esperienza, soprattutto per i soggetti in crescita.

Scopo e strategia si uniscono anche per quanto riguarda il protagonismo che viene assegnato ai destinatari delle attività.

Questo non vale solo in termini di predilezione della pratica rispetto alla mera teoria, ma soprattutto perché ai ragazzi e alle ragazze (e in certi casi ai gruppi adulti) viene chiesto e concesso di collaborare all’organizzazione delle iniziative, alla loro promozione, al loro racconto.

Per questo è fondamentale la collaborazione con specialisti dei linguaggi contemporanei, dalle grafiche e dai sound della Urban culture, alla comunicazione digitale.

Sui territori verranno condotte iniziative di racconto multimediale in diretta, mentre nei centri sportivi saranno allestiti veri e propri cantieri di comunicazione dove ragazzi e ragazze racconteranno la loro esperienza, contaminando positivamente la promozione del progetto.

In questo modo in ragionevole prevedere un allargamento del progetto soprattutto a favore di soggetti normalmente a rischio di esclusione se non di segregazione.

Il target primario sono soprattutto i minori di estrazione straniera, con particolare attenzione alle bambine e alle ragazze.

Presso alcune comunità, soprattutto centroafricane, regvio ha già una valida penetrazione presso questi target: l’obiettivo è farvi leva per favorire l’inclusione di coetanee meno integrate.

In questo approccio, rimane assolutamente fondamentale la collaborazione delle antenne territoriali, a partire dalle associazioni locali, dagli oratori, dalle scuole e dagli enti locali.

Non si tratta in proposito di andare a caccia di emarginazione, bensì di portare direttamente esperienze positive altamente “contagiose”.

Restituire piena dignità attraverso un’esperienza ricca in cui mettersi alla prova senza minacce: ecco l’obiettivo dell’intero progetto, nel quale il target sono anzitutto i fragili ma in cui il metodo è quello di mettersi tutti in gioco senza badare alle differenze di partenza, imparando a valorizzarle direttamente nel fare le cose.